Cosi gli scienziati stanno insegnando ai robot come riprodursi
- by Redazione Hardware
- 29 apr 2019
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Perché perdere tempo a costruire robot più sofisticati e moderni quando lo possono fare i robot già esistenti? È questo il credo della “robotica evoluzionista”, nuovo ramo della scienza che mira a far nascere una specie di darwinismo tecnologico: il fine è creare macchine in grado di adattarsi all’ambiente circostante, esattamente come fanno gli organismi biologici, evolvendo per occupare specifiche nicchie dell’ecosistema. Macchine in grado di “riprodursi” tra di loro in un processo di continua evoluzione. Fantascienza fino a ieri, ma oggi molto vicina a diventare realtà.
A Brisbane, in Australia, l’anno scorso un gruppo di scienziati ha analizzato venti diversi tipi di "gambe robotiche", scegliendo le migliori e - con l’aiuto di altre macchine - unendone le caratteristiche per creare arti in grado di adattarsi a ogni tipo di superficie: compatta, ghiaiosa, melmosa o completamente liquida.
Per circa un centinaio di volte, le migliori “gambe robotiche” sono state unite tra loro dagli algoritmi creati dagli scienziati e stampate in 3D per essere montate su un robot a sei zampe simile a un insetto ed essere di nuovo testate, analizzate e unite in un continuo processo di evoluzione. I risultati sono stati sorprendenti perché, come hanno ammesso stupiti gli stessi scienziati australiani, sono andati ben al di là di quanto avrebbe potuto progettare un essere umano.
Ad Amsterdam, i ricercatori della Vrije University hanno costruito un sistema semplificato per cercare di far unire due macchine “genitori” per dar vita a un programma “figlio”: l’esito è stato un programma in cui non solo si sono combinati gli algoritmi dei genitori, ma si è assistito a una singolare mutazione dei “geni” parentali. Il bello di questa evoluzione, spiegano gli scienziati neodarwinisti, è che si può indirizzare per far adattare le macchine ai cambiamenti dell’ambiente circostante.
Immaginiamo per esempio di voler costruire un robot che deve muoversi in terreni paludosi. Come fare? Secondo David Howard, uno dei massimi esperti di robotica evoluzionista, il compito è semplice: basta lasciare che la selezione naturale faccia il suo corso. Detto altrimenti, basta costruire un certo numero di robot base a basso prezzo, vedere come si muovono nelle paludi, scartare i peggiori, unire i migliori con l’aiuto di altre macchine in un continuo processo di evoluzione e selezione che partorirà la macchina perfetta.
Ora il grande interrogativo, in particolare per chi ricorda saghe fantascientifiche come “Terminator” o “Matrix”, è: cosa rischia il genere umano nel lasciare “procreare” i robot? La risposta è semplice: non rischia nulla. Nel mondo reale, i sistemi di evoluzione delle macchine vengono creati da esseri umani, che ne impostano le regole, ferree, da seguire. Se domani un gruppo di robot mutanti dovesse attaccare l’uomo, sarebbe proprio perché un programmatore in carne e ossa ha impostato quest’obiettivo nell’evoluzione della macchina. Non sarebbe, in altre parole, un malfunzionamento del robot. Ma un semplice, e meno improbabile, errore umano.
Fonte: IlSole24Ore